Per anni il mercato delle agenzie si è retto su un’equazione semplice: tu chiedi, noi facciamo. Un post, una campagna, un sito, un redesign. Tutto e subito, senza porsi domande sulla direzione, sulla strategia o sulla reale necessità delle azioni richieste.
È un modello che ha funzionato in un’epoca in cui la complessità del mercato era più bassa, la concorrenza meno aggressiva e il digitale più lineare. Ma oggi questa equazione è entrata in crisi.
La verità è che molte aziende stanno facendo tantissimo, ma crescendo poco. E quando scavano per capire il perché, scoprono che non manca l’esecuzione, ma la direzione. A noi piace chiamarlo paradosso dell’iper-esecuzione, ovvero produrre di più, senza capire davvero dove si stia andando. La nostra risposta, poi, è chiara: la direzione è il vero deliverable. Non la quantità di output, bensì la qualità delle decisioni.
La cultura del “Tutto e subito” è un modello che ha smesso di funzionare.
L’accelerazione digitale degli ultimi dieci anni ha trasformato il modo di lavorare delle agenzie. Pubblicare è diventato facile, lanciare una campagna è immediato, testare nuove creatività è questione di pochissimo tempo. Ma questa velocità ha generato un equivoco: l’idea che anche la strategia debba essere veloce quanto gli strumenti.
Il risultato? Una corsa alla produzione senza un quadro complessivo. Molte aziende pubblicano, sponsorizzano, sperimentano, inseguono trend, ma senza un sistema. E ciò che nasce senza sistema non può produrre crescita stabile. Secondo Gartner, il 68% delle aziende che basano la crescita su attività tattiche senza una strategia chiara, registra fluttuazioni negative nelle performance entro 12 mesi.
La velocità, da sola, non è un vantaggio competitivo. Senza direzione, accelera solo l’errore.
La vera crisi delle agenzie: tanta esecuzione, poca interpretazione.
Oggi molte agenzie portano avanti un modello iper-operativo, concentrandosi su campagne, post, creatività e landing page. Lavorano tanto, spesso bene, e sempre di corsa, ma c’è una domanda che raramente affrontano: come posso interpretare al meglio il contesto in cui opero?
Essere un partner strategico significa riuscire a leggere i dati, anticipare i comportamenti del mercato, collegare marketing, vendite e posizionamento. Significa saper spiegare non solo che cosa fare, ma perché, a chi e in quale sequenza logica. Poche agenzie fanno questo, perché il modello dominante le ha allenate a eseguire, non a guidare.
Il risultato è evidente: aziende piene di strumenti, tool costosi, dashboard impressionanti, ma zero direzione. Come se avessero una macchina potente, ma nessuno a indicare la rotta.
Negli ultimi due anni abbiamo visto aziende che pubblicavano oltre 50 contenuti al mese senza alcun miglioramento della percezione del brand; e-commerce che investivano 20.000€ al mese in advertising senza sapere realmente su quali segmenti stessero generando valore; team marketing sommersi da attività, ma lontani da qualsiasi crescita strategica. In pratica, non manca lo sforzo, ma l’interpretazione.
Perché oggi servono partner, non fornitori.
Le aziende non cercano più chi “fa le cose”. Questo tipo di supporto è diventato una commodity, facilmente sostituibile e spesso valutata solo sul prezzo. Ciò di cui hanno bisogno davvero è qualcuno che sappia dare un senso alle attività.
Un partner strategico non pubblica perché “bisogna pubblicare”, non lancia campagne per riempire il calendario e non accetta richieste senza una valutazione critica. Interroga, analizza, collega. Porta una visione.
Aziende che lavorano senza un partner, rischiano di seguire un modello reattivo: rispondono ai problemi quando esplodono, non prima. Aziende che lavorano con un partner strategico adottano invece un modello proattivo: capiscono in anticipo che cosa serve davvero e perché.
Ecco una sintesi che chiarisce la differenza.
Ma prima di guardare la tabella, è utile comprendere un principio fondamentale: le aziende che operano con fornitori vivono nel ciclo della reattività; quelle che lavorano con partner strategici entrano nel ciclo dell’anticipazione. Ed è proprio l’anticipazione – la capacità di capire ciò che serve prima che serva – a generare il vantaggio competitivo reale.
Ecco quindi una sintesi che rende evidente la distinzione:
| Fornitore | Partner strategico |
| Esegue task | Definisce priorità |
| Risponde | Propone |
| Segue il flusso | Disegna la direzione |
| Produce volume | Costruisce valore |
| Vende servizi | Attiva crescita |
La strategia come unico vantaggio competitivo non replicabile.
Prima di entrare nel merito, serve chiarire un punto spesso ignorato: la maturità digitale non coincide con l’adozione tecnologica. Molte aziende si considerano “digitalmente avanzate” perché utilizzano CRM complessi, dashboard automatiche o strumenti di AI generativa. Ma la vera maturità digitale non si misura dagli strumenti usati: si misura da quanto quegli strumenti riescano ad amplificare la strategia. È qui che si crea la frattura.
Un’azienda può avere la tecnologia migliore del mercato e continuare a non crescere perché manca un elemento essenziale: la capacità di collegare ogni strumento a un obiettivo strategico, a un percorso decisionale, a una direzione chiara.
Secondo un report Accenture del 2024, solo il 27% delle aziende considera la propria tecnologia “coerente” con il modello di business. Il resto accumula strumenti, ma non costruisce valore. È questo disallineamento tra tecnologia e strategia a rendere fragile la crescita.
E ora possiamo tornare al cuore della questione: perché la strategia è l’unico vantaggio competitivo non replicabile.
La creatività viene copiata. Le campagne vengono imitate. Le funzionalità dei software si uniformano. I contenuti vengono riprodotti. L’AI accelera ulteriormente questa standardizzazione.
L’unica cosa che rimane ‘’diversa’’ è la strategia: l’interpretazione unica che un’azienda dà al proprio mercato, al proprio prodotto, al proprio modello di business. È ciò che distingue un brand che cresce da uno che rimane fermo. È ciò che rende un percorso sostenibile, invece che dipendente dalle mode.
Uno studio McKinsey del 2023 evidenzia che le aziende con una strategia chiara e coerente crescono in media 2,4 volte più velocemente rispetto a quelle che basano il marketing su attività tattiche. Non perché lavorino di più, ma perché lavorano meglio.
La strategia non è un documento da consegnare: è una funzione di governo. Ed è l’unica arma che permette alle aziende di non essere intercambiabili. Ne abbiamo parlato anche in questo nostro articolo ‘’Strategia Multicanale: Scegliere i Canali Giusti per non Essere Fuori Luogo’’.
La fine del modello ‘’Tutto e subito’’.
Il modello “Tutto e subito” è arrivato al capolinea per ragioni molto più concrete di quanto si ammetta. Nell’ultimo anno abbiamo incontrato aziende che, pur investendo in modo costante, si ritrovavano con campagne sovrapposte, strategie contraddittorie e un flusso di attività che occupava tempo senza generare alcun impatto reale.
In più di un caso, il 40% del budget annuale era stato assorbito da iniziative non coordinate, nate per rispondere all’urgenza del momento e non a un criterio strategico. Questo non è un problema teorico: è un collo di bottiglia operativo che rallenta la crescita e disperde risorse.
Ecco perché il modello “Tutto e subito” non è solo superato, ma è diventato insostenibile:
- È economicamente inefficiente. I budget vengono dispersi in iniziative scollegate che non generano ritorno;
- È creativamente sterile. La quantità soffoca la qualità, e la qualità è ciò che costruisce differenziazione;
- È strategicamente fragile. Senza un framework, ogni azione esiste nel vuoto e non alimenta un percorso.
Sempre più spesso la domanda che arriva non è “potete fare questo?”,, ma: “potete dirci cosa ha senso fare?”. È un cambiamento culturale enorme, che segna l’inizio di una nuova fase: quella delle agenzie che sanno pensare.
L’importanza di trovare una direzione strategica integrata.
In Ribrain abbiamo costruito un approccio che parte da un assunto semplice, ma profondamente controintuitivo per molte aziende: non si cresce facendo di più, si cresce facendo meglio.
Questa non è una frase ad effetto, ma un principio operativo che abbiamo visto verificarsi in contesti molto diversi: aziende iper-produttive, ma senza direzione. Team che lavoravano incessantemente senza riuscire a dare continuità alla crescita, reparti marketing sommersi da attività tattiche, che non contribuivano in alcun modo alla strategia complessiva.
La prima fase del nostro metodo è ascolto e analisi profonda. Qui spesso emergono le verità più scomode. Analizziamo dati, mercato, percezione del brand, funnel, contenuti, customer journey e persino il clima interno in certe situazioni. Non per fare un report esteso, ma per individuare i punti di attrito che stanno impedendo la crescita. In molti casi scopriamo che il problema non è la mancanza di attività, ma la mancanza di coordinamento tra esse.
Secondo una ricerca PwC 2024, quasi il 60% delle aziende dichiara di avere una strategia frammentata, perché ogni reparto procede per conto proprio.
La seconda fase infatti è la direzione strategica. Qui è dove costruiamo l’ossatura del percorso: posizionamento, obiettivi reali, messaggi, narrazioni, priorità, funnel, sistema di metriche e criteri decisionali. È il momento in cui un’azienda capisce non solo cosa deve fare, ma cosa deve smarrire. Eliminare attività inutili, riorganizzare lo sforzo, ridurre il rumore. È in questo caso che molte aziende scoprono che la loro crescita non è bloccata dalla concorrenza, ma dalla confusione interna.
La terza fase poi è quella dell’esecuzione guidata. Non si tratta di un ritorno alla logica operativa tradizionale, bensì dell’opposto: l’esecuzione diventa l’estensione naturale della strategia. Ogni creatività, ogni attività di advertising, ogni touchpoint comunicativo – persino l’utilizzo dell’AI – viene messo al servizio del sistema strategico definito. È un approccio che evita la produzione casuale e costruisce invece una coerenza percepibile e misurabile.
Il risultato è un cambiamento di mentalità. Molte aziende scoprono che, una volta definita la direzione, non serve fare di più: serve fare le cose giuste, con continuità, coerenza e lucidità. Ed è sorprendente quanto velocemente si liberino energie, budget e tempo quando il superfluo viene rimosso e tutto ciò che rimane è orientato alla crescita reale.
La crescita è una conseguenza, non un’attività.
L’epoca del marketing inteso come produzione seriale è finita. Il futuro premierà chi sa scegliere, non chi sa accelerare.
La crescita non nasce dalla velocità dell’esecuzione, ma dalla qualità delle decisioni. E le migliori decisioni si prendono con un partner che vede il quadro d’insieme, non solo il singolo task.
Le aziende che vinceranno nei prossimi anni non saranno quelle che pubblicano di più, ma quelle che hanno trovato la loro direzione. Se vuoi trovare la tua contattaci e parlane con chi ha già aiutato diverse aziende a farlo!