Strategia Multicanale: Scegliere i Canali Giusti per non Essere Fuori Luogo

Ti hanno detto di essere ovunque, ma una vera strategia multicanale sa che se sei ovunque, spesso sei anche fuori luogo.

Per anni ci hanno ripetuto che nel marketing moderno bisogna essere ovunque, presidiare ogni canale, generare contenuti ogni giorno e aprire profili su ogni piattaforma, anche quella che non conosci. Se non sei su TikTok, sei indietro. Se non hai un blog SEO, sei invisibile. Se non mandi una newsletter settimanale, non costruisci community.

E così, imprenditori e aziende di ogni tipo hanno iniziato a correre, a fare mille cose insieme, confondendo la quantità con la strategia e la presenza con l’impatto. Il risultato? Un paradosso fin troppo comune: esserci ovunque, senza contare da nessuna parte.

L’equivoco dell’onnipresenza digitale.

Essere ovunque è una frase che suona bene in un convegno, su un reel motivazionale o durante una call tra marketing manager, ma nella pratica è spesso un consiglio pericoloso, perché ogni canale ha costi diretti e indiretti, linguaggi propri, algoritmi diversi, formati da produrre e competenze specifiche da acquisire.

Quella che viene venduta come una strategia, nella realtà operativa di molte PMI e aziende in crescita, diventa una trappola. Ti trovi con sette profili social semi-morti, un blog con tre articoli scritti da ChatGPT, un canale YouTube con due video in 4K (ma visualizzazioni nulle), una newsletter mai inviata e zero tempo per vendere davvero.

Non si tratta solo di effort. Il punto è che non tutti i canali sono strategici per ogni azienda, e non ogni fase del tuo business richiede la stessa presenza. Il mantra dell’esserci sempre e ovunque è una semplificazione brutale che non tiene conto di tre variabili fondamentali: la fase in cui si trova la tua azienda, le risorse che hai a disposizione e la sostenibilità economica di ogni canale.

Tra multicanalità, omnicanalità e disperazione.

Facciamo chiarezza: implementare una strategia multicanale può essere utile, anzi auspicabile, ma c’è una differenza enorme tra multicanalità strategica, omnicanalità orchestrata e presenza casuale ovunque capiti. La multicanalità consiste nel selezionare 2 o 3 canali rilevanti e coltivarli con coerenza. L’omnicanalità – quella vera – è un sistema integrato, dove i canali si parlano, i dati vengono condivisi, l’esperienza del cliente è fluida e misurabile.

La disperazione, invece, è quel modello in cui ogni canale nasce da un impulso (“facciamo TikTok perché va forte”), ma poi muore di stanchezza e tu finisci per pagare il prezzo in tempo, soldi e reputazione.

Secondo una ricerca di HubSpot, il 68% delle aziende dichiara di gestire almeno 5 canali digitali attivi, ma solo il 27% afferma di avere una strategia coerente e documentata che li coordini. Questo significa che oltre 4 aziende su 10 stanno probabilmente operando “a caso”, sperando che qualcosa funzioni. Purtroppo per loro, però, quello non è marketing, ma roulette.

Il nostro framework: C.R.M (Canale, Risorsa, Margine).

Per uscire da questo caos e tornare a una logica di scelte consapevoli, proponiamo un semplice framework decisionale, nato dall’esperienza sul campo con molti dei nostri clienti: il C.R.M. No, non stiamo parlando di un software per la gestione clienti, ma di un acronimo che riassume tre domande fondamentali da porsi prima di aprire (o mantenere) un nuovo canale di comunicazione o vendita.

C = Ciclo di vita del business.

In che fase si trova la tua azienda? Se sei all’inizio, il tuo obiettivo principale non è costruire un ecosistema di contenuti, ma ottenere i primi clienti velocemente e in modo sostenibile. Questo significa concentrarti su canali a breve termine e alta resa, come le performance ads o un contatto commerciale ben fatto.

Al contrario, se hai già una base clienti e stai lavorando su brand equity e lifetime value, allora ha senso attivare canali editoriali, eventi, PR, contenuti a medio-lungo termine. Il canale giusto oggi potrebbe essere sbagliato tra sei mesi, ed è per questo che non esiste una strategia valida per sempre, ma solo strategie adatte al momento.

R = Risorse disponibili.

Hai davvero un team (interno o esterno) che può presidiare 5 canali in modo professionale? Hai competenze interne per fare video verticali, gestire community, produrre contenuti nativi per ogni piattaforma? Se la risposta è no – ed è no per il 90% delle PMI italiane – allora la priorità è concentrare le risorse su pochi canali ben scelti. Fare un post a settimana su 2 canali di valore ha più impatto che pubblicare 12 contenuti cross-postati ovunque, che nessuno legge, e che ti prosciugano energie mentali.

M = Margine operativo per canale.

Ultimo, ma cruciale: quanto margine reale ti rimane su ciò che vendi? Se vendi un prodotto con margine del 15% e il tuo canale ADV ti costa il 20%, anche se vendi stai perdendo soldi. Molti imprenditori dimenticano che non tutti i canali sono sostenibili per tutti i business model.

TikTok, per esempio, può funzionare benissimo per prodotti impulsivi, B2C o a basso costo. LinkedIn, al contrario, richiede tempo e relazioni, posizionandosi meglio per B2B, prodotti dal costo più alto e funnel lunghi. Il margine non è solo economico, ma anche di tempo e attenzione. 

Obiettivi comuni, approcci consapevoli.

Non esistono strategie universali, ma esistono obiettivi ricorrenti, che molte aziende si trovano ad affrontare in fasi diverse del proprio ciclo di vita. Ecco alcune delle sfide più frequenti, con una logica di canali e priorità suggerite per ciascuna. Nessuna formula magica: solo buon senso strategico.

1) Lanciare un nuovo prodotto sul mercato.

Obiettivo: generare attenzione, stimolare il primo acquisto, testare il product-market fit.
Approccio: partire da canali a conversione diretta (Meta ADV o Google Search) supportati da un funnel snello con lead magnet. Evitare la dispersione organica e concentrarsi su un awareness misurabile.

Consiglio: meno storytelling, più CTA chiare. Acquisisci dati prima di costruire il brand. Sei ancora in una fase iniziale!

2) Aumentare la percezione del brand online.

Obiettivo: essere riconosciuti, migliorare la reputazione, posizionarsi nella mente del cliente.
Approccio: lavorare in sinergia tra contenuti editoriali (es. blog e newsletter), PR, e canali social con formati di valore. Valutare campagne branded su YouTube e LinkedIn a seconda del settore.

Consiglio: la qualità dei contenuti conta più della frequenza. Punta a diventare una reference per gli altri e non un riempitivo.

3) Creare una nuova identità per il brand.

Obiettivo: comunicare un cambio di passo, aggiornare la percezione del brand al pubblico e rinnovare il linguaggio visivo.
Approccio: rebranding con impatto visuale e narrativo coordinato. Focus su owned media (sito, packaging, email), affiancati da una content strategy coerente (es. Instagram, LinkedIn, ecc).

Consiglio: va bene essere coordinati, ma prova a focalizzarti su alcuni canali specifici in cui far emergere il tuo posizionamento in maniera chiara. A volte, farlo da tutte le parti con lo stesso sforzo, rischia di farti lavorare in maniera standardizzata e meno di qualità, un po’ ovunque.

4) Aumentare il numero di lead qualificati.

Obiettivo: generare contatti realmente interessati all’offerta, in modo sostenibile.
Approccio: attivare una macchina lead generation, che parta da contenuti di valore (white paper, tool, webinar), supportata da ADV su Google, META, LinkedIn e funnel ben strutturati, tra nurturing e automation.

Consiglio: ogni lead ha un costo, ma non tutti valgono allo stesso modo. Calcola il tuo CPL target basandoti sul valore medio del cliente (LTV), sulla marginalità e sulla velocità di conversione. Parti da questi dati prima di decidere dove investire.

5) Rafforzare la presenza locale (fisica o territoriale).

Obiettivo: aumentare l’afflusso in store, la notorietà in un’area geografica, il presidio su mappe e directory.
Approccio: campagne geolocalizzate (Meta, Google Local), Google Business ottimizzato, partnership con realtà locali, eventi o attivazioni mirate.

Consiglio: online e offline devono parlarsi. Il primo post utile è l’insegna giusta sul punto vendita.

6) Aumentare la visibilità e le vendite nei punti vendita fisici (GDO o retail).

Obiettivo: migliorare la rotazione dei prodotti in store, ottenere più visibilità sugli scaffali, generare drive-to-store.
Approccio: campagne drive-to-store geolocalizzate (Meta, Google), materiali POP d’impatto, attivazioni in-store, azioni di co-marketing con insegne. Per la GDO, invece: trade marketing, promo condivise e analisi sell-out.

Consiglio: inizia dal punto vendita e costruisci retroattivamente la comunicazione digitale. Se il prodotto non si muove a scaffale, tutto il resto è aria. Puoi approfondire l’argomento in uno dei nostri articoli precedenti ‘’Centro commerciale: come portare più visitatori’’.

7) Riattivare clienti dormienti o in stallo.

Obiettivo: recuperare valore da clienti acquisiti ma non attivi o a rischio abbandono.
Approccio: azioni mirate di re-engagement tramite email, ADV su custom audience, call del team commerciale, survey per raccogliere insight, offerte personalizzate e contenuti su misura.

Consiglio: il cliente che ti conosce già costa meno da riattivare, rispetto a uno nuovo da convertire. Ma devi parlare alla sua nuova esigenza, non a quella di ieri.

Nessun obiettivo richiede di essere ovunque. Ogni traguardo ha bisogngo di una mappa selettiva dei canali, costruita su risorse, pubblico e tempi. E questa selezione è ciò che distingue chi comunica in maniera blanda da chi costruisce davvero.

Quindi, dove dovresti essere?

Questa è la domanda che ogni imprenditore dovrebbe porsi ogni trimestre. Non “quanti follower abbiamo su Instagram?”, ma:

  • Quali canali ci stanno portando vendite o relazioni strategiche?
  • Abbiamo le risorse per mantenerli vivi e in crescita?
  • Il margine giustifica la nostra presenza lì, oppure stiamo solo facendo finta di fare marketing?

Non c’è nulla di male nel non essere ovunque. Anzi: scegliere dove non stare è una delle decisioni più intelligenti che puoi prendere, perché il tempo che oggi dedichi a produrre contenuti per canali morti, potresti usarlo per migliorare il tuo prodotto, ascoltare un cliente, formare una risorsa o vendere meglio. E alla fine, è questo che fa la differenza.

Possiamo fare chiarezza, insieme.

Se questo articolo ti ha fatto pensare, allora sei già un passo avanti. Se vuoi fare chiarezza su quali canali presidiare, come strutturare un ecosistema coerente e sostenibile, e dove smettere di investire tempo e soldi, possiamo parlarne.

Contattaci qui e raccontaci il tuo progetto!

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